L’intervista al Ministro degli esteri russo Lavrov andata in onda nei giorni scorsi su Rete 4, ha scatenato polemiche a valanga, proteste e non poche alzate di scudi; prima fra tutte quella di un Membro del COPASIR che ha paventato addirittura un pericolo per la sicurezza della Repubblica mandando in onda quello che è stato subito bollato come un “comizio”.
Tutto questo ricorda una frase del grande regista e attore Vittorio De Sica, che in un famoso film con Alberto Sordi (Il Vigile) disse una frase che per alcuni è divenuta un mantra “la libertà di stampa è una gran cosa, ma a volte sarebbe meglio non ci fosse!”. Mai frase più calzante al momento attuale.
Sono però estremamente convinto che proprio in momenti come questo, è necessario avere le notizie il più possibile in linea con la realtà e la verità dei fatti, come anche e soprattutto poter sentire le famose “due campane” in modo che tutti possano farsi una idea chiara sul cosa succede e perché.
Ma tornando all’intervista, Lavrov ha esposto i punti di vista del Governo russo e le ragioni che hanno portato Putin a ordinare le operazioni militari in Ucraina attualmente in corso, al tempo stesso tentando di tranquillizzare non solo l’Europa ma lo stesso Presidente ucraino Zelensky circa il fatto che tale azione, non è tesa a rovesciare il suo Governo, ma a costringerlo ad accettare e riconoscere il Donbass e la Crimea come territori autonomi, creare una zona cuscinetto, e rinunciare all’idea di aderire alla Nato per garantire la sicurezza della Federazione Russa.
Tutto sommato, le richieste del Governo russo non sono poi così irragionevoli, e tornare al tavolo delle trattative e siglare tale accordo, metterebbe fine a un conflitto che può divenire ben più grave.
Fin qui l’intervista si è mantenuta certamente su un piano di equilibrio ed esposizione delle ragioni russe, che come ho ampiamente sostenuto, possono ritenersi legittime perché rivendicano il diritto alla sicurezza della Federazione Russa e dei suoi cittadini.
Poi però è successo qualcosa, e alla fatidica domanda di Brindisi sulla questione di Zelensky che di origini ebree come poteva conciliarsi con l’essere accostato al battaglione Azov dichiaratamente di ideologia nazista, Lavrov risponde con un laconico “per quel che ne sappiamo anche Hitler era di origine ebrea!”. Apriti cielo, li anche io ho pensato “qui si scatenano fulmini e saette”.
Ora lungi da me voler dare lezioni di diplomazia a nessuno, men che meno a Lavrov che di esperienza ne ha di gran lunga più di me; però personalmente, a una simile domanda, avrei risposto come del resto ho fatto anche in occasione di una conversazione quando il mio interlocutore mi pose lo stesso dilemma: “di cose strane a questo mondo ne ho viste e sentite tante, una in più non mi stupirebbe affatto!”. Ecco probabilmente con questa risposta si sarebbe salvato in calcio d’angolo ponendosi al riparo da tutto quello che poi si è invece scatenato. Del resto, la diplomazia impone che non tutto si possa dire, specialmente quello che ti passa per la testa. A questo punto resterebbe da capire, se il suo è stato un imprudente scivolone, o se sia stata una provocazione intenzionale.
Nel primo caso, l’incidente diplomatico che si è aperto con lo Stato di Israele, staremo a vedere quali effetti e conseguenze avrà, e se magari una nota di scuse potrà riparare il tutto. Nel secondo caso, ovvero una provocazione, sicuramente le ripercussioni possono essere molto serie, e l’immediata conseguenza sarebbe la chiusura dei rapporti diplomatici fra Israele e Mosca.
Una cosa bisogna però dirla: in questi due mesi da quando è scoppiato il conflitto Ucraina-Russia, non si è visto un barlume di ragionevolezza e di buonsenso in nessun attore o governo occidentali, che invece di insistere e intensificare gli sforzi per ricondurre a una distensione della crisi, hanno soffiato sul fuoco della guerra perfino alimentandolo ulteriormente; Biden è stato perfino il primo (ricordiamocelo sempre) a proferire la minaccia di una escalation a livello di guerra nucleare (inaudito solo a pensarlo); e poi giù con sanzioni e contro sanzioni, che alla fine a ben vedere, danneggiano più gli affari dei paesi UE di quanto non facciano contro la Russia; perfino il Caviale e la Vodka la UE ha deciso di bandirle dalle tavole europee: peccato però che la maggioranza di produzioni del prelibato alimento (il caviale) fra i migliori sono italiani (si lo so il migliore è quello iraniano ma io sono italiano sfegatato), mentre la Vodka migliore non la produce la Russia ma la Svezia, sempre più furbi.
Su una cosa però vorrei invitare i nostri governanti a riflettere, che non sarebbe certo un male se si fermassero anche loro a pensare.
Supponiamo che la Russia e i suoi alleati, Cina India Iran, a un certo punto decidessero di ribaltare la situazione (e non mi riferisco al piano squisitamente militare), e stanchi di subire sanzioni economiche (si anche la Cina ne ha alcune), concordano unitariamente uno stop totale di esportazioni verso il resto del mondo, di tutte le loro risorse e in particolare delle materie prime, a partire proprio da minerali come: le terre rare; il Coltan (che la Cina ne controlla totalmente le produzioni) e che sono elementi indispensabili per moltissimi settori industriali e di vitale importanza, cosa succederebbe?
Succederebbe semplicemente che il 90% delle industrie mondiali si fermerebbero; non avrebbero le materie necessarie alla costruzione di componenti elettronici, con i quali si costruisce di tutto: dagli elettrodomestici alle automobili, computer, cellulari, apparecchi medici; chiuderebbe tutto nel giro di pochi mesi. E mentre la Russia Cina India e Iran, continuerebbero i loro scambi commerciali reciprocamente, non soffrendo minimamente alcuna difficoltà di sorta, il resto del mondo piomberebbe di colpo in una crisi spaventosa, di conseguenze incalcolabili. Che sicuramente costringerebbe i governi occidentali a considerare una mobilitazione militare generale contro l’alleanza orientale, che però avrebbe come immediata (e inevitabile) risposta l’impiego di armi atomiche. E nessuno però ne uscirebbe vincitore.
Andrea Franchi