La comunità islamica è sempre più incardinata nella nostra realtà. Ma qual è il limite tra il rispetto della cultura altrui e la sottomissione? «Il rispetto non comporta un adeguamento remissivo alla cultura altrui. E questo concetto dovrebbe finalmente essere affermato con vigore e chiarezza» ha detto Vittorio Feltri, replicando a un lettore che gli chiedeva cosa pensasse rispetto a un presunto asservimento della nostra società ai valori altrui. Dopo Pioltello, dove in una scuola è stata previsto la sospensione delle lezioni per il giorno della festa di fine Ramadan, anche l’Università per stranieri di Siena ha deciso di sospendere le attività didattiche il 10 aprile, in occasione della festa di fine Ramadan, come segno di condivisione e solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza.
Il lettore ha indirizzato una missiva al diretto de Il Giornale, che nella sua edizione web ha pubblicato il quesito dello scrivente e la risposta del direttore. «Lei è d’accordo con il leader della Lega Matteo Salvini quando afferma che stiamo abdicando alla nostra cultura e calpestando i nostri valori essenziali quando, ad esempio, chiudiamo le scuole per il Ramadan, festeggiamo il Ramadan in oratorio, togliamo il crocifisso dalle aule scolastiche, rinunciamo al presepe e così via?», chiede il mittente. «Insomma è vero che siamo deboli o semplicemente siamo rispettosi delle differenze, incluse quelle culturali e religiose?»
Feltri risponde: «Caro Paolo il rispetto nei riguardi di ciò che è diverso è uno dei valori essenziali del nostro ordinamento, che stabilisce che nessuno può essere discriminato per il genere, la religione, la razza, le idee politiche, eccetera. Essere rispettosi significa accettare tali differenze culturali o religiose. Il rispetto non implica, tuttavia la rinuncia alle proprie tradizioni allo scopo di non offendere in qualche modo coloro che coltivano altre usanze».
Poi precisa: «Il rispetto non comporta un adeguamento remissivo alla cultura altrui. E questo concetto dovrebbe finalmente essere affermato con vigore e chiarezza. Quella della civiltà occidentale nei confronti dell’Islam è una sorta di resa incondizionata. Da lustri sventoliamo bandiera bianca e ci facciamo colonizzare culturalmente da quelle genti che sul nostro territorio sono ospiti. Quindi, sì, ravviso una specie di debolezza da parte nostra. E tale debolezza deriva da quel politicamente corretto che sta annientando le radici della nostra civiltà. Ci siamo persuasi che essere cristiani e manifestarlo sia insultante verso chi cristiano non è. Il che mi risulta quantomeno folle oltre che pericoloso, tanto più quando si accompagna all’inclinazione a sposare e ad adeguarsi alla religione altrui, ad esempio chiudendo una scuola per il Ramadan».
Feltri è stanco della “tendenza” «a sputarci sempre addosso: diciamo che in Italia vige il patriarcato. Che i maschi italiani sono assassini. E che la nostra società è fortemente maschilista, fascista, razzista, omofoba. Contestualmente, tuttavia, difendiamo una cultura, quella islamica, che è ferocemente omofoba e misogina, basandosi sull’idea che la donna sia inferiore all’uomo e che vada per questo sottomessa, ridotta in schiavitù, trattata alla stregua di un oggetto». In un passaggio successivo Feltri sottolinea: «la comunità internazionale non interviene. Le femministe nostrane restano mute. La sinistra non si straccia le vesti»…