L’allattamento al seno non è più una prerogativa squisitamente materna e femminile. Ebbene sì, avete letto bene. Sembra uno scherzo, un’affermazione palesemente contraria a qualsiasi certezza medico-scientifica e biologica, ma è un concetto davvero portato avanti da chi persegue l’obiettivo di far sì che – con determinati trattamenti farmacologici – oggi anche gli uomini possano “produrre latte”. Di qui la Leche League, la Lega del Latte, ha recentemente dichiarato di «voler aiutare chiunque voglia allattare al seno o al petto nel raggiungimento dei propri obiettivi». Contro tale decisione è subito insorta la femminista Marian Thompson – tra le sette madri che a Minneapolis nel 1956 hanno fondato tale Lega proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di allattare al seno i propri figli – rassegnando le sue dimissioni. «Questo passaggio dal seguire le norme della natura, che è il fulcro della maternità attraverso l’allattamento al seno, all’assecondare le fantasie degli adulti, sta distruggendo la nostra organizzazione che è diventata una parodia di se stessa», ha affermato la storica fondatrice ora novantaquattrenne nel chiarire le motivazioni del suo gesto.
Dimissioni e critiche interne
A seguito della decisione di far partecipare anche gli uomini ai “gruppi di supporto” per l’allattamento, anche Miriam Main – direttrice della sezione britannica della medesima organizzazione – si è dimessa, manifestando la propria contrarietà a tale politica pseudo-inclusiva. «Non aiuterò chi è biologicamente uomo a fare una cattiva imitazione dell’allattamento al seno. Così si mette a rischio la sicurezza dei bambini», ha dichiarato Main, denunciando nello stesso tempo «bullismo, bugie e crudeltà difficili da sopportare». D’altra parte le volontarie della stessa Lega saranno presto costrette a offrire suggerimenti sull’allattamento al seno anche alle donne trans. La Leche League «era una cosa meravigliosa, un’oasi assoluta per le donne bisognose, in particolare che devono allattare al seno ma hanno difficoltà, il tutto nonostante un mondo che spesso accantona con noncuranza le donne incinte e le neomamme. Eppure tale Lega sta venendo distrutta dalla falsità che le persone possano cambiare sesso», ha rincarato la dose Milie Hill – fondatrice di The Positive Birth Movement, un’associazione nata con lo stesso scopo di «riunire le donne nella stessa stanza per sostenersi a vicenda» – sottolineando la drammatica deriva gender nella quale si trovano oggi ad operare queste organizzazioni.
Ripercussioni globali e italiane
Le dimissioni di queste femministe con incarichi di rilievo nella Leche League sono particolarmente significative perché confermano l’assurdità dell’ideologia di genere e nel contempo lanciano un campanello d’allarme anche per noi italiani. Ciò che emerge, infatti, è che ormai in tutto il mondo l’Agenda Lgbtqia+ ha pesanti ripercussioni per il gentil sesso in diversi ambiti della vita pubblica – dalla medicina alla politica, dalla scuola allo sport – con il palese scopo di appiattire femminile e maschile. Un fenomeno che – pensiamo appunto anche all’Italia – ha ormai intaccato lo stesso linguaggio che, tra asterischi e schwa, ne paga le spese in nome di un’inclusione soltanto pretestuosa, che finisce poi di fatto per sminuire e scontentare tutti. Di qui ne deriva che, in luogo del nome “donna”, compaiano strane perifrasi quali “persona con utero”, “persona che può avere una gravidanza” e accade che uomini che si autoidentifichino come donne possano competere con le donne e così accedere agli spogliatoi femminili, a bagni neutri e via discorrendo, con gravi implicazioni anche in termini di privacy, rispetto dell’intimità altrui, riservatezza e sicurezza (soprattutto per le ragazze), e somma iniquità.
Fabio Piemonte (Pro Vita & Famiglia)