I ristoratori sono disperati e sono passati alle maniere “forti”. A Salerno, in una clamorosa forma di protesta: pizzeria aperta, alla faccia dei divieti, e tutti i clienti e amici ristoratori della zona, mascherati da “nemici”, Mario Draghi, Roberto Speranza e Vincenzo De Luca. Poi è arrivata la polizia che ha identificato tutti per presunta violazione delle normative anti-Covid.
“La situazione è arrivata al limite, a un punto di una gravità estrema, e comprendo l’esasperazione dei ristoratori: ci sono aziende che sono saltate e altre che salteranno. Aziende che devono sostenere un peso economico altissimo, soprattutto in questo momento”. Così Cristiano Tomei all’Adnkronos sulle manifestazioni di ieri dei ristoratori. “Risposte vere non ce ne sono state. Non ci sono riferimenti temporali tali da farti andare avanti fino al giorno in cui si potrà riaprire”, sottolinea lo chef, il giorno dopo gli scontri di Palazzo Chigi.
“L’esasperazione è umana e manifestare è un diritto”, prosegue Tomei, avvertendo che “questo è solo l’inizio, la ristorazione e la ricettività in Italia muovono una serie di settori, non solo i ristoranti, ma tutta la filiera che parte dai produttori e che prosegue con la distribuzione e arriva al turismo in generale. Se sei trattato come sei trattato, senza la giusta considerazione, arrivano le reazioni violente, che poi hanno poco senso perché creano ancora più tensione. Io lavoro anche in un hotel di Venezia e vedere la città vuota significa anche accorgersi della sofferenza di tutto l’indotto turistico”.
E poi le contraddizioni, aggiunge Tomei: “Si chiudono i ristoranti e si tengono aperti, ad esempio, i negozi con protocolli ‘fai da te’, con le file alla cassa per pagare?! Certo, mi fa piacere che qualcuno almeno riesca ancora a lavorare, ma che senso ha, mi chiedo, un posto così sovraffollato, come quello dove sono capitato l’altro giorno e dal quale ho preferito andar via senza acquistare nulla perché lì, davvero, c’era il rischio di ammalarsi, con la chiusura dei ristoranti?”.
“Ci vorrebbero delle politiche alle quali seguissero effettivamente i fatti – conclude – ad esempio incentivando i piccoli alimentari e contingentando invece gli ingressi nei supermercati, perché o lavorano tutti oppure nessuno. E poi sono necessari aiuti veri, non minimi, perché la ristorazione ha costi enormi ed è supertassata: oggi ad esempio si lavora con le aziende di delivery che sono economicamente insostenibili. E anche sulle osterie da salvare e di cui si parla tanto, cosa si fa realmente per tutelarle? In Giappone lo Stato aiuta la ristorazione perché ne riconosce l’importanza, mentre in Italia non si fa nulla, quando si sa benissimo cosa essa rappresenti per il made in Italy: solo parole, e la gente non ce la fa più e va a manifestare”.