Dopo gli episodi che hanno fatto emergere casi di affidi illeciti, è stata istituita con la legge n. 107/2020 la Commissione parlamentare incaricata di vigilare sulle attività poste in essere dalle comunità di accoglienza per minori allontanati dalle proprie famiglie in seguito a provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale. Da pochi giorni la Commissione ha iniziato la sua attività: gli operatori del settore auspicano che possa essere l’occasione per superare le difficoltà pratiche che negli anni hanno limitato le potenzialità dell’istituto dell’affido familiare.
1. Sono finalmente iniziati i lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono i minori, istituita con la legge n. 107/2020 e votata quasi all’unanimità: un avvio atteso da mesi, per l’interesse suscitato dalla materia, a prescindere dall’appartenenza politica. Scopo della Commissione è fare luce sugli affidi dei minori, su cui da tempo i professionisti del settore hanno rilevato la necessità di maggiori controlli e di interventi da parte delle istituzioni; la questione è giunta sotto i riflettori in seguito ai casi di affidi illeciti che hanno suscitato preoccupazione nell’opinione pubblica, e su cui la magistratura sta indagando.
La Commissione è composta, secondo l’art. 2 della legge istitutiva, da 20 deputati e 20 senatori scelti dai Presidenti di Camera e Senato, e ha ampi poteri di indagine. Fra i compiti a essa affidati vi è quello di verificare le condizioni dei minori con gli affidatari e le comunità di tipo familiare, e il numero dei provvedimenti emessi dai Tribunali per i minorenni ai sensi degli art. 330 ss. cod. civ., ossia i provvedimenti di limitazione o decadenza dalla responsabilità genitoriale e di allontanamento dei minori dalla propria famiglia. La Commissione si occuperà anche di verificare il rispetto di un principio fondamentale in tema di affidi, quello della temporaneità dei provvedimenti di affidamento: quando la famiglia di origine (sia il nucleo ristretto che quello allargato, comprendente nonni, zii e cugini) non è temporaneamente in grado di assicurare al minore le cure di cui ha bisogno, diventa necessario affidare quest’ultimo alle cure di un’altra famiglia o alle cure di un istituto, se non vi è una famiglia disponibile o in grado di accoglierlo, con l’obiettivo di far tornare il minore nel suo nucleo familiare una volta superate le difficoltà. La temporaneità dei provvedimenti è quindi strettamente legata agli interventi dei Servizi sociali per il recupero ed il sostegno dei genitori in difficoltà: l’argomento è da tempo sollevato, e si auspica che diventi oggetto di particolare attenzione da parte della Commissione.
2. È attribuita alla Commissione, ai sensi dell’art. 3 lett. h) della legge istitutiva, anche la funzione di “valutare se nella legislazione vigente sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e rispettato il principio in base al quale l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine deve costituire un rimedio residuale …”.
È questo l’aspetto centrale della questione relativa agli affidi dei minori. Gli episodi di cronaca sugli affidi illeciti ‒ da Bibbiano a Sagliano Micca, dal Forteto alla Bassa Modenese ecc. ‒ hanno portato alla luce i profili problematici di un sistema già da tempo rilevati dagli operatori del settore.
Ciò non significa mettere in discussione l’istituto dell’affido previsto dalla Legge n. 184/1983 e riformato dalla Legge n. 173/2015, che ha dato risalto al principio di continuità dei rapporti affettivi dei minori in affido familiare, bensì mettere in discussione il sistema che non ha consentito la piena attuazione dell’istituto, tradendo lo scopo principale dello stesso, di tutelare il minore garantendogli nell’immediato le cure necessarie e favorendo al contempo il suo rientro in famiglia. Il preambolo della Convenzione ONU del 1989 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ricorda che ogni fanciullo, per sviluppare in modo armonioso e completo la propria personalità, ha bisogno di crescere in un ambiente che sia familiare e che gli offra “un clima di felicità, di amore e di comprensione”.
3. Purtroppo non tutti i nuclei familiari sono in grado di offrire le cure, le attenzioni e l’amore di cui hanno bisogno i bambini per crescere in modo sano ed equilibrato, ed è per questo che è stato previsto l’istituto dell’affido, che non ha natura sanzionatoria nei confronti dei genitori, bensì di strumento volto a tutelare i minori. Sempre la Convenzione ONU del 1989, all’art. 9 afferma che è diritto del minore che sia stato separato da uno o da entrambi i genitori “intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti” con gli stessi, “a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo”, elemento che deve quindi essere sempre valutato con attenzione caso per caso.
La tutela dei minori appartenenti a nuclei familiari fragili impone pertanto di individuare soluzioni in grado di risolvere le diverse problematiche relative all’affidamento, in modo che questo consista davvero in un’extrema ratio,e non in una soluzione a cui l’autorità possa ricorrere a discrezione, anche in assenza di fondate ragioni. Si tratta quindi di procedere per priorità e senz’altro in cima alla lista, come sopra si è fatto cenno, non può che esservi l’intervento di sostegno e aiuto da parte dei Servizi sociali alle famiglie più a rischio, peraltro già previsti dalla stessa Legge n. 184 del 1983, che all’art. 1, dopo aver espressamente enunciato il diritto del minore a “crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, al comma 2 ha precisato che “a tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”.
È al contempo fondamentale garantire le risorse economiche necessarie affinché i Servizi in concreto operino sul territorio e intervengano prima che le situazioni degenerino: se un nucleo familiare a rischio viene adeguatamente aiutato dai Servizi quando ancora la situazione non è tale da allontanare il minore dalla sua famiglia, è possibile, realmente, sia rispettare il diritto del minore a crescere nel proprio nucleo di origine, sia attuare il principio dell’affidamento quale extrema ratio e il principio della temporaneità dei provvedimenti. Non solo. È altrettanto importante destinare risorse umane ed economiche alla formazione delle persone che hanno manifestato la volontà di prendere in affidamento un minore. È un compito molto delicato, che esige un’adeguata preparazione ad affrontare situazioni che possono essere difficili da gestire, in quanto i minori che vengono allontanati dalle famiglie hanno un loro vissuto, spesso doloroso, che richiede un adeguato approccio da parte degli affidatari. La stessa Legge sugli affidi sopra citata, all’art. 2 comma 1 bis, prevede la possibilità che gli enti locali promuovano “la sensibilizzazione e la formazione di affidatari”.
4. Nel 2019 il Garante infanzia ed adolescenza ha segnalato alle Autorità competenti una serie di misure necessarie per realizzare la piena tutela dei minori, mettendo in rilievo per es. l’urgenza di disciplinare i procedimenti in materia di responsabilità genitoriale secondo i principi del giusto processo, e quindi tutelare il diritto dei genitori a essere informati e a difendersi in giudizio, garantire la nomina del curatore speciale o dell’avvocato per il minore, stabilire dei termini perentori in modo da contemperare le esigenze di rapidità e le esigenze di assicurare un’istruttoria adeguata, assicurare che i provvedimenti relativi alla responsabilità dei genitori siano motivati e circostanziati. Il Garante ha inoltre posto l’accento sull’importanza di implementare il sistema informativo unitario dei Servizi sociali (SIUSS), per rendere disponibili agli operatori i dati relativi ai minori privi di un ambiente familiare, quelli relativi al numero e tipologia di strutture di accoglienza presenti sul territorio e quelli relativi agli affidatari.
L’argomento è poi stato ripreso dall’attuale Garante infanzia e adolescenza, che ha più volte sottolineato l’esigenza che non vi siano segreti sulle relazioni dei Servizi sociali relative agli allontanamenti dei minori: i genitori devono essere messi nelle condizioni di conoscere le ragioni che hanno determinato l’allontanamento, in modo da poter esplicitare la propria posizione ed offrire un quadro di valutazione più ampio circa il contesto in cui è inserito il minore, soprattutto al fine di individuare i provvedimenti che realizzino effettivamente il suo interesse.
5. Nell’audizione alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza del febbraio 2021, il Garante ha altresì rilevato che rispetto ad altri Paesi, come ad esempio la Francia o la Germania, l’Italia è il Paese che allontana di meno i minori e questo può significare due cose: o che le famiglie italiane hanno meno problemi o, ipotesi più plausibile, che in Italia vi sono meno controlli da parte delle Autorità preposte. Nel corso dell’audizione, il Garante ha inoltre indicato alcuni interventi che andrebbero attuati al più presto, fra cui rafforzare la funzione originaria dell’istituto dell’affido ed effettuare, attraverso le procure della Repubblica, maggiori controlli sulle comunità di accoglienza. Per rendere il controllo più rapido ed efficace sarebbe altresì auspicabile la realizzazione di una banca dati nazionale sui minori fuori famiglia.
A tale ultimo proposito, è interessante considerare i dati raccolti dal Ministero della Giustizia nell’ambito di un monitoraggio effettuato dopo il caso di Bibbiano, che ha coinvolto tutti gli uffici giudiziari minorili. Dalla ricerca è emerso che tra gennaio 2018 e giugno 2019 sono stati allontanati dalle proprie famiglie di origine circa 12.338 minori (0,13% dei minori italiani) e nello stesso periodo circa 1.540 minori fra quelli allontanati (il 12%) hanno fatto rientro a casa, mentre dei restanti minori, ossia circa 9 su 10 (l’88%), è rimasta ignota la destinazione. Questo dato mette in luce un altro difetto del sistema che deve essere corretto, anche attraverso le banche dati di cui si è detto: attualmente infatti i Tribunali per i minorenni non individuano le comunità in cui inserire i minori, in quanto questo compito spetta agli enti locali che lo esercitano attraverso i Servizi sociali. Il problema però si crea nel momento in cui non vi è dialogo fra i Servizi e il Tribunale, specie quando i minori vengono spostati in altre strutture rispetto a quelle precedentemente individuate senza che ne venga data notizia al Tribunale: allo stato attuale, di quei minori diventa difficile individuare la struttura ove sono stati collocati.
Altri argomenti importanti circa gli affidi sono quelli della prevenzione e della formazione specifica degli operatori che si occupano di minori, su cui in particolare è intervenuto più volte anche il Garante infanzia ed adolescenza del Lazio, che ha messo in luce l’importanza di azioni comuni da parte dei diversi Garanti regionali che si occupano della tutela dei minori. L’istituzione della Commissione d’inchiesta può dunque essere l’occasione per dare impulso agli interventi che da tempo sono stati ritenuti necessari.
Daniela Bianchini, Daniele Onori, Margherita Prandi
(Centro Studi Livatino)