L’economia italiana cresciuta del 6,5%: si tratta della crescita più forte dal 1995

L’economia italiana è cresciuta del 6,5% nel 2021: si tratta della progressione più forte dal 1995, anno d’inizio delle serie storiche. Lo certifica l’Istat secondo cui la variazione acquisita del Pil per il 2022 è +2,4%: si tratta della variazione che si avrebbe per l’anno in corso, rispetto all’anno precedente, se il livello della variabile oggetto di analisi registrato per l’ultimo mese o trimestre noto restasse invariato fino alla fine dell’anno. Il dato per il 2021 è corretto per le giornate lavorative e destagionalizzato rispetto al 2020, quando l’economia italiana aveva subito un crollo di quasi il 9%.

Nel quarto trimestre del 2021 si stima che il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato dello 0,6% rispetto al trimestre precedente e del 6,4% in termini tendenziali.

Di più, in termini di ripresa, l’Italia è ora la locomotiva d’Europa. Negli ultimi tre mesi dell’anno scorso, la crescita del nostro Paese ha registrato il ritmo più forte se confrontata con il resto dell’Eurozona e rispetto allo stesso periodo del 2020. Secondo quanto reso noto da Eurostat, nell’ultimo trimestre dello scorso anno il Pil dell’Eurozona è cresciuto su base annua del 4,6% mentre nell’area Ue del 4,8%.

«L’economia italiana – commenta l’Istat – registra per il quarto trimestre consecutivo una espansione, seppure a ritmi più moderati rispetto ai periodi precedenti. Anche dal lato tendenziale, la crescita è risultata molto sostenuta, superiore ai 6 punti percentuali. La stima preliminare che ha, come sempre, natura provvisoria, riflette dal lato dell’offerta uno sviluppo ulteriore del settore dell’industria e dei servizi, e un calo in quello dell’agricoltura».

Il quarto trimestre del 2021 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative rispetto al quarto trimestre del 2020, spiega l’Istat. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e di un aumento sia in quello dell’industria, sia in quello dei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta.

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