Brunetta contro lo smart working: “Basta far finta di lavorare”

Il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta non ha mai nascosto la sua reticenza alla concessione dello smart working ai dipendenti dello Stato, che, secondo il suo parere, approfitterebbero del lavoro agile per deedicarsi ad altro. “Basta far finta di lavorare in smart working. Il governo Draghi ha fatto una grande scelta: vaccini e presenza, vaccini e gente sul posto di lavoro. Non lo smart working, non chiudersi in casa e non vaccinarsi, ma vaccini, vaccini, vaccini, con tutti gli strumenti possibili”, ha detto il ministro. “Piuttosto che chiusi a casa, con il telefonino sulla bottiglia del latte a fare finta di fare smart working, perché diciamocelo, a fare finta di lavorare da remoto, a parte le eccezioni che ci sono sempre”.

Subito i sindacati si sono adirati per le parole di Brunetta, decisamente pungenti. In una intervista all‘Adnkronos, la segretaria confederale Cgil Tania Sacchetti, responsabile della contrattazione pubblica e privata, ha infatti replicato: “La dichiarazione del ministro oltreché scorretta e poco rispettosa, è anche falsa. E’ come se volesse affermare che il lavoro in modalità agile (o meglio da remoto), che abbiamo dovuto svolgere in questi due anni di pandemia, non è stato lavoro. Che, cioè, non è stato lavoro produttivo. E’ una cosa falsa perché, paradossalmente, quello che ci dicono le prime statistiche è che è aumentata la produttività del lavoro. E se c’è un aspetto negativo della remotizzazione del lavoro è che in troppi casi sono aumentati i carichi di lavoro, non sono certo diminuiti”.

Poi riconosce, però, un punto d’incontro con il ministro: “Ha sempre detto che nella pandemia tecnicamente noi non abbiamo fatto smart working, non abbiamo cioè modificato l’organizzazione del lavoro e reso più responsabile il lavoratore, ma abbiamo remotizzato il lavoro dell’ufficio. Questo è vero. Quello che è falso è dire che è lavoro solo quello che puoi controllare in presenza fisica. E nega anche quello che lo stesso ministro sta proponendo anche nel corso dei rinnovi contrattuali, cioè lo sviluppo dell’indirizzo del lavoro agile come modalità di organizzazione del lavoro per chi ha una mansione che non obbliga necessariamente alla presenza.

Per i sindacati Brunetta è sul piede di guerra con i dipendenti pubblici, e piuttosto che tutelarli preferisce attaccarli. Usb pubblico impiego ha spiegato in una nota che “non ci resta che continuare a rigettare puntualmente al mittente le accuse di fannullonismo ricordando, numeri alla mano, i dati sulla produttività durante lo smart working. La realtà di una Pa che ha garantito i servizi ai cittadini anche in pieno lockdown e che continua a garantirli nonostante nessun intervento strutturale sia stato messo in atto in questi 2 anni, si pensi a scuola e sanità, e i protocolli sicurezza nei luoghi di lavoro rimangano per lo più lettera morta, in ossequio ad un produttivismo tutto teso a garantire assistenza alle imprese piuttosto che servizi adeguati ai cittadini”.

Indignata anche Uil Pubblica Amministrazione: “Con regolare continuità il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, occupa la scena mediatica grazie a dichiarazioni sopra le righe: i lavoratori pubblici da “volti della Repubblica” tornano a essere i vituperati fannulloni. Questo il senso di un’intervista rilasciata dal ministro a un’emittente televisiva. Ancora una volta l’imputato è il lavoro da remoto”. A parlare è Sandro Colombi, segretario generale Uil Pubblica Amministrazione. L’accusa al ministro è di avere la “memoria corta”, specie sul fatto che lo smart working, nel bene o nel male, abbia permesso di “portare avanti l’Italia” durante le fasi più critiche della pandemia.

CC

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