La recente sentenza della Corte di Cassazione sull’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha evidenziato le anomalie procedurali dei processi che dovranno essere ripetute.
Tuttavia, il rischio di una sensibile riduzione delle condanne per un reato tanto grave è molto preoccupante.
Ancor più sconcertante è il fatto che il Pubblico Ministero anche nei precedenti processi, non abbia evidenziato con maggiore forza l’evidente premeditazione e l’uso di un’arma da guerra, nonché l’estrema barbarie e violenza efferata compiuta.
L’imputato si è recato sul luogo dei fatti armato di un pugnale Ka-Bar, arma da guerra in uso alle forze speciali e ai Marines americani, atto ad uccidere.
In quanto tale, la sua premeditazione è evidente e, nel nostro ordinamento, rappresenta un’ulteriore aggravante.
La lama brunita del pugnale ha reso impossibile al brigadiere Cerciello Rega di accorgersi che il suo assalitore fosse armato, rendendo l’azione dell’imputato ancora più vile e subdola. Chiunque esca di casa con un’arma simile lo fa con la consapevolezza di poter uccidere, e colpire la vittima non con una, ma ben undici volte, non può che essere considerato un atto di estrema violenza e crudeltà.
Siamo di fronte ad un reato di gravità estrema, che richiede una condanna esemplare per far sì che sia fatta giustizia per il vicebrigadiere Cerciello Rega e la sua famiglia, così come per tutte le forze dell’ordine che ogni giorno rischiano la vita per proteggere i cittadini, e comunque anche per la sicurezza di tutti coloro che si sarebbero potuti trovare in quel momento al cospetto del soggetto.
Andrea Franchi
Segretario Politico e organizzativo
Noi con l’Italia Coordinamento Città di Taranto