Il saluto romano non è reato: la Cassazione spiazza la sinistra

La decisione dei giudici della Cassazione ha lasciato l’amaro in bocca a tutti coloro che istericamente paventano il ritorno del fascismo di fronte al saluto romano. Infatti la Suprema Corte ha finalmente dissipato i dubbi sul gesto del “braccio teso”: non è reato ogniqualvolta si tratti di commemorazioni e non sia strumentalizzato per riportare in auge il regime fascista. Pertanto, per i giudici, andrà rifatto il processo di appello a carico degli otto militanti di destra che avevano compiuto il gesto in questione nell’aprile 2016 durante la commemorazione di Sergio Ramelli a Milano, ucciso nel 1975 da militanti di sinistra.

La vicenda giuridica che ha interessato gli 8 imputati è stata molto controversa: erano stati assolti in primo grado ma poi condannati dai giudici in secondo. Non accolta la richiesta del pg che, nel chiedere la conferma della condanna, affermava che “il saluto fascista rientra nel perimetro punitivo della legge Mancino quando realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico”. Ma il Palazzo di Giustizia non esclude del tutto il richiamo a quest’ultima legge, sostenendo che “a determinate condizioni può configurarsi” anche la violazione della legge Mancino che vieta “manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Di conseguenza “i due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge”. La Cassazione ha quindi “riqualificato” i fatti ai sensi della legge Scelba, in particolare nell’articolo 5 in cui si afferma che “chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con una multa”. La sentenza impugnata finita sotto l’occhio delle Sezioni Unite aveva ritenuto che i fatti contestati integrassero la fattispecie della legge Mancino. Ora la Cassazione chiede alla Corte di appello di Milano di appurare “se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista“.

Dopo 3 ore di camera di consiglio, la Suprema Corte ha fatto chiarezza, stabilendo che “il saluto romano non è reato”. “Se mancano sia il tentativo di ricostituzione del partito fascista o programmi di discriminazione ovviamente non è reato – afferma l’avvocato Domenico Di Tullio -. La cerimonia del ‘presente’ quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico. Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazioni fatte in Italia negli ultimi 70 anni, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto il contrario, senza fare chiacchiere”.

Il saluto romano non ha nulla a che fare con la riorganizzazione o la ricostituzione del partito fascista. La sentenza della Cassazione è una vittoria che finalmente mette a tacere una serie di accuse che non avevano alcun senso, invocando condanne e sentenze esemplari senza effettivo reato. La decisione dei giudici mette la parola fine alle polemiche pretestuose della sinistra, specie dopo la commemorazione di Acca Larentia, dove il saluto romano ha rappresentato solo un gesto di rispetto per chi ha deciso di ricordare le vittime di quegli assassini che, dopo 40 anni, sono ancora a piede libero. Di questo, però, non si sono indignati.

Francesco De Noia

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