Nel panorama della politica italiana del secondo dopoguerra, Bettino Craxi emerge come una delle figure più carismatiche e decisive, un uomo capace di imprimere una svolta modernizzatrice al Paese, eppure abbandonato e tradito da un sistema ipocrita che ha preferito sacrificare uno statista per proteggere i veri burattinai della corruzione.
Una leadership visionaria e pragmatica Bettino Craxi ha guidato il Partito Socialista Italiano in un’epoca di profonde trasformazioni, ponendosi come un riformatore che ha saputo coniugare l’innovazione con la tradizione politica italiana. La sua visione non era quella di un socialista di facciata, ma di un leader pragmatico, capace di affrontare i nodi strutturali di un Paese gravato da un sistema burocratico inefficiente e da un immobilismo politico cronico.
Craxi fu tra i primi a comprendere la necessità di una modernizzazione istituzionale ed economica, promuovendo riforme mirate a rendere il Paese più competitivo e meno dipendente dai lacci e lacciuoli di una macchina amministrativa farraginosa. Tuttavia, il suo operato è stato sistematicamente boicottato da chi aveva tutto l’interesse a mantenere lo status quo, garantendosi rendite di posizione e privilegi inalterati.
Il caso Sigonella: una pagina di orgoglio nazionale Uno dei momenti più emblematici della sua carriera politica è stato l’episodio di Sigonella, quando nel 1985 Craxi, con fermezza e determinazione, difese la sovranità italiana di fronte alle pressioni degli Stati Uniti, rifiutando la consegna dei dirottatori palestinesi. Questo atto di coraggio, che avrebbe dovuto sancire il rispetto e l’autonomia del nostro Paese a livello internazionale, gli valse invece l’ostilità delle potenze
straniere e l’inizio di un isolamento politico orchestrato dai nemici interni.
La persecuzione giudiziaria: il capro espiatorio perfetto Quando la tempesta di Tangentopoli si abbatté sulla Prima Repubblica, Craxi divenne il bersaglio principale di un’operazione che aveva ben poco a che fare con la giustizia e molto con il desiderio di distruggere un avversario politico scomodo. Mentre il sistema di finanziamento illecito era una pratica diffusa e accettata da tutti i partiti, fu solo su Craxi che venne puntato il dito, trasformandolo nel capro espiatorio perfetto.
I suoi accusatori, molti dei quali parte di una classe politica ben più corrotta, riuscirono a far leva sulla gogna mediatica per distruggere la sua reputazione e garantirsi la sopravvivenza. Quelli che oggi fanno il bello e il cattivo tempo, usando gli stessi metodi e le stesse pratiche che hanno sempre caratterizzato la politica italiana, furono i primi a scaricarlo per salvare se stessi e perpetuare il sistema.
Un’eredità politica scomoda ma insostituibile Nonostante la demonizzazione postuma, il lascito di Craxi rimane indelebile nella storia italiana. Le sue riforme, la sua visione europeista e la sua capacità di gestire situazioni internazionali complesse dimostrano che la sua figura andrebbe analizzata con maggiore onestà intellettuale. In un’epoca in cui la politica sembra sempre più carente di leader carismatici e competenti, la statura di Craxi risplende come esempio di determinazione e visione.
Riflessioni finali: riabilitare Craxi, condannare l’ipocrisia È giunto il momento di rendere giustizia a Bettino Craxi, riconoscendo i suoi meriti e smascherando l’ipocrisia di chi lo ha perseguitato per convenienza politica. Mentre alcuni dei suoi detrattori siedono ancora oggi nei palazzi del potere, utilizzando gli stessi metodi che hanno sempre condannato a parole, la storia continua a mostrare quanto sia stato miope e ingiusto il trattamento riservato a uno degli ultimi veri statisti italiani.
La verità, per quanto scomoda, è che Craxi ha pagato per tutti, mentre i veri responsabili della corruzione hanno continuato indisturbati il loro gioco, lasciando che l’opinione pubblica credesse a una narrativa distorta e parziale. Oggi, più che mai, è necessario riscoprire l’eredità di un uomo che ha cercato di cambiare il Paese, ma che è stato abbattuto da un sistema incapace di accettare il cambiamento.
Andrea Franchi