La lotta all’evasione è un flop. Nonostante la mole di strumenti a sua disposizione l’Amministrazione finanziaria non riesce a ridurre, in maniera significativa, i livelli di evasione che caratterizzano il settore dell’Iva e dell’imposizione sui redditi. Manca una strategia coordinata e costante di contenimento dell’evasione che faccia leva sulle moderne tecnologie informatiche e telematiche, sull’ampliamento dei pagamenti tracciati, dell’utilizzo della ritenuta d’acconto e dell’azione di supporto all’adempimento da parte dell’amministrazione finanziaria. È continuo e costante il sottoutilizzo di strumenti che avrebbero sicura efficacia antievasione come il redditometro e le indagini finanziarie. L’incrocio fra le banche dati a disposizione del fisco, nonostante la costante evoluzione delle tecnologie informatiche di supporto, continua a non dare i risultati significativi più volte annunciati e sperati. È questo, in estrema sintesi, il giudizio, estremamente negativo, sull’attività di accertamento e controllo tributario che emerge sia dalla lettura della relazione sul rendiconto generale dello Stato 2020 della Corte dei conti, sia della memoria aggiunta del suo procuratore generale Angelo Canale.
I dati e le conclusioni a cui è giunta la magistratura contabile con riferimento all’esercizio 2020, sono stati illustrati durante l’audizione tenutasi ieri nella sede centrale della Corte dei conti, alla presenza delle più alte cariche istituzionali. La bocciatura delle strategie antievasione da parte della Corte dei conti arriva a ridosso di un anno fortemente condizionato dall’emergenza sanitaria, nel quale le attività di accertamento dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza si sono più che dimezzate rispetto al 2019.
Più nel dettaglio il numero di accertamenti ordinari realizzati dall’Agenzia delle entrate nel 2020 (quasi 129 mila, dei quali 76 mila circa solo protocollati e non ancora notificati) presenta una flessione del 51,8% rispetto agli oltre 267 mila accertamenti ordinari realizzati nell’anno precedente. Numero quest’ultimo a sua volta ben lontano dai livelli ante 2016 (in media poco più di 310 mila accertamenti all’anno).Non è andata meglio per le Fiamme gialle che nel 2020 hanno visto ridursi le «verifiche e controlli» effettuate da 107.426 a 42.692 (-60,3 per cento), mentre il numero dei “controlli strumentali” ha subito anch’esso un notevole decremento, passando da 527.727 a 322.112 (-39,0 per cento).Nonostante il calo delle attività l’analisi dei risultati 2020 testimoniano, in maniera piuttosto palese, come una quota rilevante dei controlli continui ad essere indirizzata verso posizioni patologiche (falliti, irreperibili, etc.) destinata a non produrre reali risultati in termini di recupero del gettito erariale. Oltre al calo numerico dei controlli, dovuto ovviamente alla pandemia in atto, ciò che suscita maggior allarme nella magistratura contabile sono i risultati in ordine alla reale proficuità delle indagini svolte.
Nel settore delle imposte dirette e dell’Iva, si legge nel rendiconto, dai dati emerge nel 2020, coerentemente con la riduzione numerica dei controlli, un sostanziale calo complessivo dei risultati rispetto all’anno precedente, con una flessione del -39,7% nel settore dell’imposizione diretta (da 62.768,9 nel 2019 a 37.821,7 milioni di euro) e del 34,3% in materia di Iva (da 5.301,0 milioni nel 2019 a 3.483,1 milioni nel 2020). È dunque l’efficacia e l’efficienza dei controlli fiscali che sta flettendosi in maniera assolutamente preoccupante tanto da indurre la stessa Corte dei conti a suggerire nuove e, a suo dire, più proficue linee di azione. La bocciatura delle azioni di contrasto all’evasione fiscale da parte della Corte di conti non rappresenta una novità. Negli ultimi anni le relazioni dei magistrati contabili hanno evidenziato la flessione sia dei risultati conseguiti che dell’efficacia delle attività svolte.