Salario minimo: Meloni ritratta il no iniziale e apre al confronto

Le opposizioni hanno presentato alla Camera un testo unitario in merito al salario minimo, ad eccezione di Italia Viva. Dopo un primo no del Centrodestra, il premier Giorgia Meloni ha aperto a un compromesso: andare in Aula e approvare una questione sospensiva di due mesi, per rinviare l’esame a dopo l’estate. E così è stato. Oggi 11 agosto si terrà un incontro per discutere ancora del tema.

Come spiega AGI, tutti i partiti di minoranza avevano presentato a inizio legislatura una propria proposta (dai 10 euro lordi di Avs ai 9,5 del Pd al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, fino ai 9 euro lordi includendo per il calcolo anche la tredicesima). Fino a far veicolare la trattativa in una proposta unitaria. Essa fissa in 9 euro lordi il valore salariale minimo, ma una commissione apposita dovrebbe aggiornare il valore della soglia con cadenza annuale.

Il partito di Matteo Renzi propone che il livello del salario minimo orario non sia stabilito dalla legge ma da una commissione di esperti.

Meloni ha spiegato che il salario minimo rischia di diventare un pericoloso boomerang (“il salario minimo è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi”). Poi a luglio ha cominciato a ritrattare: “Io credo nella contrattazione sindacale, credo che vada rafforzata, che vada trovata una soluzione per quei lavoratori e per quei contratti che non sono coperti senza però rischiare di abbassare i diritti di quelli che un contratto ce l’hanno. Apriremo un confronto e cercheremo di capire se c’è una soluzione che può tenere insieme le due cose”.

Le opposizioni sono state quindi convocate per discutere del tema. Forza Italia ha presentato una sua proposta di legge che prevede di adeguare tutti i salari non coperti da contratto collettivo a quello previsto dal contratto nazionale leader per il settore di riferimento o, in assenza, pari alla media dei principali contratti collettivi applicati a settori affini. La Lega condivide la linea delle altre forze di maggioranza.

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