Di Andrea Franchi
C’è un vizio piuttosto diffuso tra alcuni ex agenti dell’intelligence occidentale: quello di raccontare al pubblico aneddoti e segreti come fossero gli unici custodi della verità, auto-incensandosi nel frattempo come moderni 007 usciti da un film di Hollywood. È il caso di Daniel Hoffman (Cypher), ex alto ufficiale della CIA, che recentemente ha dipinto i servizi russi come una macchina diabolica e onnipotente, e quelli occidentali – specie americani – come fari del controspionaggio mondiale. Ma come spesso accade, la realtà è ben diversa dalla narrazione eroica.
1. I servizi russi? Letali sulla carta, vulnerabili nella realtà
Sì, è vero: il KGB è stato una macchina temibile. L’“Operazione Ryan” resta un capolavoro d’intelligence, e la Russia ha ereditato strutture vaste e un’infrastruttura di spionaggio globale. Ma oggi? La stessa Federazione che vanta centinaia di migliaia di agenti non è stata capace di prevenire gravi attentati sul proprio suolo. Basti ricordare l’assassinio della figlia di Aleksandr Dugin, ideologo vicino a Putin, o quello grottesco di un alto ufficiale russo ucciso con una bomba… sul monopattino. Episodi che dimostrano che non sanno nemmeno proteggere se stessi, figurarsi influenzare impunemente il destino delle democrazie occidentali.
2. La CIA: tra leggende e smagliature
Che l’Agenzia americana abbia orchestrato operazioni brillanti, è innegabile. Ma dire che sia infallibile è un insulto all’intelligenza. Gli Stati Uniti hanno subito sul proprio territorio attentati devastanti, dall’11 settembre ai casi più recenti di violenza interna. E proprio sull’11/9, è documentato che i servizi segreti italiani avevano lanciato un allarme ben prima dell’attacco, rimasto però inascoltato a Langley. La verità è che la CIA funziona quando collabora – con il MI6, con il SISMI, con il BND, con il Mossad. Nessun apparato può arrogarsi da solo il merito di ciò che è sempre frutto di una sinergia multilaterale.
3. Italia: meno riflettori, più sostanza
I servizi segreti italiani hanno operato e continuano a operare lontano dai riflettori, ma con efficacia.
Dopo aver sgominato il terrorismo interno nei primi anni 2000 e disinnescato la minaccia jihadista nei decenni precedenti, non abbiamo più assistito a stragi di matrice internazionale sul nostro territorio. Questo nonostante l’Italia sia al centro del Mediterraneo, crocevia di interessi e rotte critiche. Un risultato che non si ottiene con i proclami, ma con lavoro silenzioso e professionale. Eppure, non ci sono film o serie TV su di loro. Meglio così.
4. Legge 124: l’obbrobrio dell’era Prodi-D’Alema
Va però detto che i nostri servizi hanno dovuto sopportare la zavorra di riforme sbagliate, come la Legge 124 voluta da Prodi e D’Alema: un pasticcio burocratico che ha depotenziato figure di altissima competenza e generato sovrapposizioni operative. Eppure, nonostante tutto, i nostri uomini e donne continuano a dare prova di affidabilità, intuizione, prontezza e spirito di sacrificio. Professionisti veri, non venditori di aneddoti o leggende postume.
5. Conclusione: torniamo seri
L’epoca dell’intelligence da salotto, delle spie star di TikTok e delle interviste promozionali va superata. La sicurezza nazionale è cosa seria. Servono meno show, più concretezza, meno presunzione, più collaborazione tra apparati. E soprattutto, serve riconoscere che non sempre chi urla più forte è il più competente. Talvolta, è solo quello che ha più da vendere.