La crescita dell’economia si è fermata, anzi, per quanto a bassa velocità, ha innestato la retromarcia chiudendo il 2022 con l’ultimo trimestre in negativo. Tra ottobre e dicembre il Pil è diminuito dello 0,1% interrompendo la serie di sette trimestri consecutivi con il segno più; grazie al turismo e ai servizi, il calo è stato però inferiore alle attese e permette di portare la crescita dell’intero anno al 3,9%, al di sopra, in questo caso, anche delle stime del Governo. Nella Nota di aggiornamento al Def, rivista e corretta a inizio novembre dall’esecutivo di Giorgia Meloni appena insediato, gli economisti del Mef avevano infatti indicato un aumento del Pil del 3,7% nel 2022, con una decisa frenata a +0,6 quest’anno, un dato che ora, nonostante lo spettro recessione, appare più che raggiungibile. Le stime dell’Istat, al momento ancora preliminari, calcolano infatti in base all’andamento dello scorso anno una spinta dello 0,4% sul 2023. Se insomma tutti i trimestri di quest’anno registrassero una variazione pari a zero, l’economia italiana crescerebbe comunque, ma l’abbassamento dei prezzi dell’energia a livello internazionale potrebbe, almeno per ora, lasciar presagire anche qualcosa in più della crescita zero nei prossimi mesi. Non a caso a ribaltare la lettura è stato anche il Fmi che rispetto al -0,2% previsto per l’Italia a ottobre, ha portato la sua stima per il 2023 a +0,6%, perfettamente in linea, come sottolineato anche dal ministero dell’Economia, con la Nadef.
I segnali positivi arrivano peraltro anche dal mondo del lavoro, che, con una raffica di dati Istat, dimostra una certa stabilità dell’economia. Gli occupati a dicembre sono cresciuti di 37mila unità su novembre e di 334mila unità su dicembre 2021. Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 7,8%, gli stessi livelli di novembre, e in calo di un punto percentuale rispetto a dicembre 2021. Il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 22,1%, così come è diminuito il numero d’inattivi tra i 15 e i 64 anni, con il tasso generale al 34,3%. Sale ancora, invece, il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni, che con il 60,5% raggiunge il livello più alto dal 2004, data d’inizio delle serie storiche. Ma da calcolare ci sono gli effetti dell’inflazione: la forbice tra crescita dei salari e aumento dei prezzi si è ampliata in modo evidente nel 2022, toccando il 7,6%, un valore mai raggiunto prima a livello europeo. Lo scorso anno la stagione contrattuale ha portato al recepimento di 33 contratti collettivi: la crescita delle retribuzioni contrattuali c’è stata, ma nella media dell’anno è stata pari a +1,1%; la variazione media dei prezzi è stata invece dell’8,7%.